I Wearable ci rendono meno maturi?

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Il tenere tutto sotto controllo forse non ci sta facendo perdere il controllo su noi stessi?. Apro quest’articolo con questa riflessione. Spesso vedo wearable che fanno tutto, dal monitorare i passi al leggerci le notifiche al comandare setup box, al mostrarci i nostri impegni. La cosa non si limita solo a orologi o band ma da poco sono arrivato anche gli indumenti smart. Magliette, pantaloni o scarpe che ci dicono se ci stiamo allenando bene o no, se stiamo o non stiamo svolgendo l’esercizio nel modo corretto. Non è mia intenzione mettere in dubbio che è sicuramente un pregio avere tutto sotto controllo, al fine di cercare di miglioraci noi stesso o il nostro stile di vita. Se poi mettiamoci anche che lo sviluppo tecnologico ha reso questi prodotti più accessibili a tutti, beh allora è grandioso.

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Però quanti di voi hanno come la sensazione che questo delegare a terzi (smartwatch e affini) il nostro benessere sia come ritornare bambini. Il sapersi autogestire o il dover imparare a gestirsi è un processo di crescita importante. Il gestire il fabbisogno calorico, gestire la propria agenda quotidiana, gestire il proprio allenamento, questo è secondo me prendere per mano la propria vita e non basarsi solo sui wear. La gente utilizza questi prodotti nel modo sbagliato, spesso li usano come per conferma. Conferma sui km che hanno fatto, così da potersi permettere un morso al loro dolce preferito, conferma sul fatto che quel famoso messaggio ancora non è arrivato. Ma i chilometri anche prima li facevamo e non per questo non erano «reali», il messaggio alla fine arrivava ma non per questo dovevamo avere una conferma immediata. Non è che in palestra prima non si sudasse o correndo non si bruciassero calorie. Non fraintendetemi non sto mettendo al bando questi prodotti, io ne sono più dentro di chiunque altro, però dico solamente che mi sembra di esser tornato a quando ero piccolo quando erano gli altri a dirmi che quello è fatto bene quello è giusto così e va fatto così. Il nostro benessere mentale e non solo non passa da un numero su di un display, da un indumento smart o da un fitness tracker che ci notifica il raggiungimento dell’obbiettivo.

Forse dovremmo tutti noi provare a lasciare a casa per un periodo i nostri wear. Provare a lasciarli a casa e vedere che sensazione ci provoca. I primi giorni sarà sicuramente difficile anche perché sembrerà che ci manchi un pezzo di noi stessi. Ci sembrerà come se quello che stiamo facendo non esistesse o fosse tutto «non reale». Io con questa riflessione forse un poco provocatoria vi auguro una Buona Pasqua e alla prossima provocazione.

Scrivere la biografia è la cosa che mi spaventa di più, ma proviamoci. Sono un viaggiatore incallito appena ho un momento prendo e scappo via, porto sempre con me una fotocamera e una lente super wide magari anche fish-eye. Quando vedete il mio nome significa che si sta parlando di wearable, fotografia, Linux o di tastiere meccaniche, che acquisto in maniera compulsiva. Profondo sostenitore che i switch migliori non esistono vago per il web alla ricerca di nuovi mondi inesplorati [click].