Tekken 7 | Recensione | Ps4

Intro

La serie creata da Katsuhiro Harada (originariamente era un videogioco solo arcade da sala giochi in seguito convertito per PlayStation per la prima volta nel 1995, ovvero uno dei primi giochi usciti per la console di casa Sony) è attualmente uno di quei capisaldi del genere dei fighting game che probabilmente in quanto a popolarità nel mondo videoludico, e clamore mediatico in occasione di un nuovo capitolo, rivaleggia solo con Street Fighter. Non è un discorso di qualità, devo essere sincero, sul mercato c’è roba in giro che se li mangia a colazione entrambi (esempio lampante Guilty Gear Xrd: Rev 2 ultima versione aggionata), ma mentre il beneamato Street Fighter di Capcom è il portabandiera del picchiaduro bidimensionale (o quasi) da oltre due decenni, la serie prodotta da Namco (oggi Bandai Namco) dal 1994 a oggi si è creata, anno dopo anno, uno zoccolo duro di fan che apprezzano di più il genere tridimensionale e lo stile inimitabile di Tekken (鉄拳 lett. “Pugno di ferro“). Ed eccoci giunti finalmente all’attualissimo Tekken 7 che si è preso tutto il tempo necessario per arrivare a noi, dopo una lunga permanenza nelle sale giochi giapponesi con cui quelli della Bandai Namco hanno potuto temperare il combat system e allo stesso tempo intervenire su tutti i bilanciamenti del caso presentando questo nuovo e settimo capitolo della storica saga anche a tutti i gamers da salotto (o da cameretta a seconda dei singoli casi), con una versione casalinga in gran spolvero e di grande impatto cinematografico.

La fine della famiglia Mishima

Nel corso della campagna pubblicitaria Harada (di conseguenza la Bandai Namco) ha sottlieanto più volte l’importanza della componente narrativa di questo Tekken 7, specificando che dopo una moltitudine di eventi catastrofici, intrighi e dispute di famiglia ed infine uno storyline parallelo appartenente a decine di personaggi, con questo nuovo episodio si sarebbe data finalmente una conclusione alle battaglie intestine alla famiglia Mishima. È presente una modalità storia principale lunga ed articolata, una componente che oggi come oggi pare imprescindibile anche per i picchiaduro dove affianco vi sono le singole storie dei personaggi del roster di questo fighting game. Le vicende si articolano attraverso i monologhi di un misterioso giornalista che sta investigando sulla famiglia Mishima, e racconta da un punto di vista esterno, tutto il complicato background che si è andato a creare nel corso dei capitoli, fungendo da riassunto e da collante per quanti non ricordassero bene tutti i dettagli o semplicemente per chi non si fosse mai avvicinato fino ad ora alla serie. Parallelamente varie sequenze di intermezzo portano avanti la storia principale inedita, focalizzandosi su pochi personaggi (che compongono il roster di più di 30 combattenti), non più di una decina, i cui protagonisti assoluti saranno il malvagio Kazuya Mishima e l’odiato, nonché altrettanto bastardo, padre Heihachi. In tutto questo, molto interessante è da notare come siano riusciti ad introdurre in maniera agevole nello story mode principale Akuma, storica figura demoniaca appartenente al mondo Capcom (sopracitato in precedenza) di Street Fighter, fino al coinvolgimento della moglie del vecchiardo dai capelli a punta e mamma di Kazuya, ovvero Kazumi (ma non vi dirò di più, già vi ho svelato abbastanza). Nonostante la storia abbia quindi un nucleo narrativo ben delimitato, e perciò riesca a non risultare dispersiva, è inevitabile constatare come nelle 2 orette necessarie a concludere i 14 capitoli (più l’epico epilogo), non riesca mai a catturare l’attenzione fino in fondo, rivelandosi probabilmente migliore della campagna di Street Fighter V, ma oserei dire molto al di sotto degli standard dettati dal recente Injustice 2.

Gameplay con dinamiche votate all’attacco

Ovviamente dopo questo doveroso preambolo nei confronti di una modalità, lo story mode, per il quale ce l’hanno tanto sviolinato nei mesi scorsi, è il caso di entrare nel merito dell’argomento principale da esaminare, ovvero ciò che conta veramente in un fighting game, cioè il combat system. Pane al pane e vino al vino: Tekken 7 è sempre e solo, Tekken. I cambiamenti ci sono, sono importanti e incisivi in alcuni casi, ma il core rimane sempre lo stesso. Possiamo quindi sicuramente parlare di ottimizzazione, ma non di rivoluzione. Quattro tasti per quattro arti da controllare, una dinamica sempre molto improntata sull’attacco, e quello stile di gioco che si ama o si odia (talvolta si sta nel mezzo), estremamente tecnico e scarsamente leggibile senza un approfondito studio dei personaggi (potete comunque “smanettare” sui tasti come non ci fosse un domani ovviamente). Un gameplay sempre improntato su quella cifra stilistica che mette in primo piano l’impatto tra i colpi dei contendenti. Una formula che lasciata così come stava, cominciava ad essere stantia e ridondante. Un plauso quindi per la Bandai Namco che ha fatto un gran lavoro per arginare molti problemi del passato ed aggiungere varie caratteristiche al combat system in grado di rinfrescarlo pur senza stravolgerlo.

Il gioco è percettibilmente più fluido, frizzante e dinamico proprio dal punto di vista videoludico, grazie ad alcuni accorgimenti che finalmente limano i difetti principali della serie. Ad esempio, non esiste più la rotolata indietro quando finirete a terra ed è stata sostituita da un recupero rapido che rende il disimpegno da una situazione di svantaggio molto più facile, ed evita di venire calpestati di continuo o di ricevere infiniti calci in culo senza riuscire a spostarsi. In compenso è rimasto molto “gioco sul muro” nel senso che esistono ancora continui rimbalzi dell’avversario che viene ripetutamente sbattuto alle pareti. Ma questo è più che comprensibile visto che stare attenti a giostrare la nostra posizione in relazione alle pericolose barriere dell’arena fa parte del gioco e della struttura tridimensionale del titolo. Passiamo successivamente al movimento dei vari combattenti, che è stato unificato per tutti i presenti. Non percorrono perciò più distanze diverse a seconda della propria fisicità con un passo, né in profondità né sul piano orizzontale. Lo step laterale inoltre, è molto più efficace e lascia meno scoperti, dando alla manovra evasiva un senso maggiore con il movimento indietro e avanti è stato inoltre velocizzato. Sono state introdotte le mosse armor, che in fase di attivazione assorbono degli eventuali danni subiti andando comunque a colpire l’avversario senza venire interrotte. I personaggi con il 25% di barra energetica attiveranno automaticamente la condizione di Rage, un’aura rossa circonderà il nostro personaggio e i nostri colpi faranno circa il 10% di danno supplementare. In questo stato sarà possibile effettuare con una semplicissima combinazione di tasti la Rage Art, ovvero una super mossa particolarmente potente che spesso potrà ridefinire le sorti di un incontro. In alternativa potremmo sfruttarlo per eseguire una Rage Drive: si tratta di una mossa già esistente nel moveset di un personaggio che acquista nuove proprietà offensive, aumentando il danno o permettendo nuove brevi combinazioni.


Online rimandato

Infine bisogna spendere due parole per l’online di questo Tekken 7, e quindi, di conseguenza bisogna altresì parlare di netcode. Al momento il tema risulta problematico da analizzare. In tutti questi momenti in cui ho videogiocato in maniera intensa, la modalità online ipraticamente nel 90% dei casi non funzionava a dovere, anzi venivo disconnesso dalle svariate partite ogni volta. Ho avuto la fortuna di provare una sola partita nella modalità online 1 vs 1 “partita veloce” e aldilà del risultato, ho vissuto momenti di lag continui. Non contento, ho voluto provare la nuova modalità “torneo online” (con Tekken 7 la Bandai Namco ha fatto la sua entrata negli e-sport) le cose sono andate un pò meglio nel senso che i lag sono dimunuiti drasticamente. Penso e spero che siano problemi legati al lancio del gioco che andranno migliorando via via nei prossimi giorni. Quindi voglio essere ottimista e spero che Bandai Namco sistemi tutto in fretta, perché i primi giorni sono decisivi per fidelizzare la community di un picchiaduro.

Commento finale

Mi sono dilungato molto, forse troppo, nell’analisi di questo settimo ed atteso capitolo di Tekken, quindi cercherò quanto meno di tirare le somme velocemente. Questo Tekken 7 fortunatamente riesce ad invertire la rotta e riporta il brand sulla retta via. Intendiamoci, la formula di gioco è sempre la stessa, ma in questo caso la Bandai Namco a quanto pare hanno ragionato su come rimaneggiarla in modo da attualizzarla, renderla più appetibile ad un vasto pubblico, ed ottimizzarla sotto ogni punto di vista (per il momento online a parte).  Mi è piaciuto molto il taglio cinematografico che hanno voluto dare alla modalità Storia e tutto sommato, siamo contenti così. Tekken 7 in fondo è il capitolo più bello da vedere, più divertente da giocare, con un grande gameplay, un buon bilanciamento generale e la stessa fantastica profondità di sempre. È un must have assolutamente da vivere e da videogiocare il più possibile. Ben fatto Bandai Namco!

 

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